di Paola Ronco

Dunque, queste sono le cose che finora sono venute fuori sulla strage di Crotone.
Alle 22,30 di sabato l’agenzia Frontex segnala la presenza in acque italiane di un’imbarcazione. La guardia costiera non fa nulla, sostenendo in seguito che Frontex aveva segnalato un’imbarcazione “in buone condizioni di galleggiabilità, con una sola persona visibile”. Frontex smentirà la cosa, assicurando di aver detto che fosse “pesantemente sovraffollata”.
La guardia di finanza comunque parte con una vedetta e un pattugliatore ma attenzione, lo fa come azione di contrasto all’immigrazione clandestina. La sua è un’operazione di polizia, non di soccorso.
Le due imbarcazioni rientrano subito perché il mare è molto mosso, poi si dotano di giubbotti di salvataggio e riprovano ad avvicinarsi, ma ancora una volta non ci riescono.
C’è il mare forza 6, anzi 7, dicono le prime notizie. Poco fa ho sentito il comandante della guardia costiera, Aloi, dire che no, il mare era forza 4, e che comunque con le loro motovedette è possibile fare interventi di salvataggio anche con mare forza 8.
Secondo il quotidiano Domani, a questo punto la guardia di finanza avvisa la guardia costiera, invitandola a tentare un intervento congiunto, ma non ottiene risposta. Questa indiscrezione, va detto, non è confermata, perché la guardia costiera nega di aver mai ricevuto il messaggio.
Alle 5,40 di domenica un pescatore riceve una telefonata dalla guardia costiera, che gli chiede di andare a controllare perché ‘forse c’è una barca in avaria’.
Il pescatore, Antonio Grazioso, ci va, e la prima cosa che vede in mare è il corpo di una bambina. Cerca di soccorrerla, ma capisce subito che è morta.
Il resto, purtroppo, lo sappiamo già.
L’inchiesta, mi auguro, chiarirà tutte le domande rimaste aperte: per esempio perché la guardia costiera non sia intervenuta, e quale sia stato il ruolo del ministero delle infrastrutture in tutto questo (non ho bisogno, immagino, di dirvi chi sia il ministro attuale); e anche, insomma, quale sia stato il punto in cui la catena di comando si è spezzata permettendo la morte di almeno sessanta persone finora.
Nei primi giorni di questa tragedia non sono quasi riuscita a dire niente, come tante di noi. Il dolore, la rabbia, il senso di impotenza erano troppo grandi. La vista di quel biberon sulla spiaggia, lo strazio di vedere una piccola bara bianca con su scritta solo una sigla, KR46M0 – KR sta per Crotone, ho imparato, il numero indica che è stata la quarantaseiesima vittima avvistata, la M indica che era un maschio, lo zero era la sua età.
Ho imparato questa cosa atroce e mi tornano su le lacrime solo a ripensarci, e così mi sono imposta di studiare i fatti e scriverne, perché questo so fare, e poco altro. Cercare di mettere ordine in una cosa così folle e crudele, cercare di ricostruire eventi complessi, in cui tendiamo a perderci perché anche le nostre vite privilegiate sono piene di cose, impicci, pensieri, e queste tragedie che ci sfiorano ci piegano e ci addolorano, poi rischiano di venire dimenticate presto, troppo presto.
Io però conservo una speranza. Che stavolta si riesca a conservare un frammento di questo dolore sincero che ha fatto vacillare tante persone. Che si possa cominciare a parlare chiaro e fare massa critica, per chiedere di cancellare le leggi attuali sull’immigrazione. Basta con la Bossi-Fini, basta con le leggi che creano irregolari, smettere di pagare gli aguzzini al di là del mare, smettere di impedire agli esseri umani di muoversi liberamente perché i loro passaporti valgono meno dei nostri.
Se non partiamo da qui, tra un mese o tra un giorno piangeremo altre morti o anche peggio, magari quando verrà un governo che ci sta più simpatico non li vedremo neanche. Ma saranno sempre morti. E saranno sempre e comunque sulla nostra coscienza.