di Paola Ronco

Come tante persone in questa città, continuo a rimuginare sull’orrendo omicidio di vico Mele con arco e frecce.
Genova non ha una grande statistica di omicidi recenti, e noi che ne scriviamo lo sappiamo bene. Da qualche anno, vado a memoria, si viaggia su una media di 3 o 4 omicidi l’anno.
Normale quindi che un fatto tanto grave ci colpisca, ma una buona parte dei pensieri in questo caso tende a spaziare, proprio perché il centro storico è un luogo a sé, con caratteristiche molto peculiari.
Oggi leggo l’accorata dichiarazione dell’assessore alla sicurezza Gambino, per esempio: “Chiederò un incontro al ministro dell’Interno, serve certezza della pena per chi spaccia”.
Che non c’entra con il delitto in sé, dato che vittima e omicida erano incensurati e di sicuro estranei allo spaccio, ma c’entra in parte con le condizioni, molto varie, in cui è maturata la follia della notte scorsa.
Lo spaccio è sotto gli occhi di chiunque passi per i vicoli. Un’intera classe politica si indigna a ogni proposta di legalizzare la droga, dicendo che passerebbe un messaggio sbagliato, ma la verità è che oggi qualunque tipo di droga è acquistabile ovunque, basta scendere in strada.
La certezza della pena, dice l’assessore, dando una risposta che magari accontenta il suo target elettorale, ma che fa ridere chi abbia approfondito un po’ la questione.
Quanto può prendere uno spacciatore di mezza tacca, come più o meno tutti quelli che trovi agli angoli, che non si portano certo dietro due chili di roba? Per il piccolo spaccio le pene vanno da sei mesi a due anni.
I pusher vengono presi, si fanno qualche mese ma nel mentre vengono subito sostituiti, poi tornano e trovano altra gente al loro posto, magari si menano e finisce a coltellate.
Ma la cocaina, il crack che spacciano da dove gli arriva? Perché nessun assessore alla sicurezza se lo chiede mai? Perché sono tutti pronti a chiedere pene esemplari per due tocchi di fumo, e non chiedono mai vere indagini, che vadano alla radice del problema?
Viviamo in un posto il cui hub portuale è uno dei primi scali per il traffico di cocaina. Secondo la Dia il 40% della merce destinata al mercato italiano arriva qui. Un giro stratificato che coinvolge un sacco di gente, non solo i pusher di strada che vediamo noi, e che include anche uomini delle istituzioni.
Queste cose noi le sappiamo perché ci scriviamo dei romanzi sopra. Quando abbiamo avuto bisogno di documentarci sulla situazione del centro storico, siamo andati a parlare con persone e commercianti che ogni giorno fanno la loro parte contro l’abbandono del quartiere da parte delle istituzioni, come Andrea Piccardo.
Le idee qui ci sono, manca il sostegno. E manca la serietà.