Il mago che beffava i nazisti

Ci piace pensare ad Archivio Roncacci come a uno spazio per persone curiose, interessate a vedere la realtà anche da altri punti di vista, persone che amano porsi delle domande su quanto hanno intorno e che sappiano relativizzare il modo in cui la realtà è raccontata dai luoghi comuni o dai media, che spesso – quasi sempre, per la verità – limitano molto le nostre possibilità di osservazione.

La storia che vi racconto oggi è quasi emblematica da questo punto di vista. Per me, è una vicenda con molti significati possibili, perché parla (tra le altre cose) di comunicazione, di inganno e di narrazione. Anche se, tecnicamente, è una storia di magia.

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Nel film The Prestige di Christopher Nolan si dice che ogni numero da illusionista è composto da tre parti o atti.
Il primo atto si chiama “la promessa” ed è la fase iniziale: quando il mago ci mostra le cose che faranno parte del suo numero e ci spiega che si tratta di oggetti ordinari (un cappello, un mantello, un mazzo di carte).
Il secondo atto si chiama “la svolta” ed è la parte in cui l’illusionista compie qualcosa di straordinario con quell’oggetto apparentemente ordinario, per esempio lo fa sparire. È la fase in cui noi spettatori veniamo stupiti e ci chiediamo come sia stato possibile quello che abbiamo visto. In effetti è questo il culmine del numero di magia, eppure noi non applaudiamo ancora.
L’applauso è il gesto di liberazione finale, che per partire ha bisogno di un terzo gesto, una conclusione o, come si dice in narrativa, uno scioglimento. Il terzo atto è quello che chiude il cerchio e riporta tutto alla normalità, quando l’oggetto sparito riappare da un’altra parte, per esempio, e la situazione straordinaria diventa una nuova situazione ordinaria. Questo terzo e ultimo atto è chiamato “il prestigio”.

Come avrete intuito, e come il film di Nolan mostra bene, anche i racconti possono essere suddivisi in tre atti analoghi. Ogni storia narrata è composta da tre parti che banalmente potremmo chiamare “inizio, sviluppo e finale”, ma che a ben vedere hanno molto in comune con i tre atti del gioco di prestigio.
Per questa ragione – e per rendere onore al suo protagonista – dividerò il racconto che segue proprio in tre parti, chiamate rispettivamente come i tre atti del numero di magia.

1. La promessa

Il nostro uomo si chiama Jasper Maskelyne, è nato nel 1902 ed è un mago da palcoscenico, un illusionista inglese, molto famoso tra il 1930 e il 1940. È figlio di un certo Nevil Maskelyne e nipote di John Nevil Maskelyne, maghi a loro volta.
Jasper Maskelyne è un prestigiatore di successo. Nel 1936 pubblica un libro con i suoi trucchi che è ancora oggi un classico nell’ambiente. È un maestro dei colpi di scena. Il suo pezzo forte sono i numeri di “lettura della mente” e in genere tutti i trucchi di quell’arte che oggi viene chiamata mentalismo.

Jasper è l’ultimo di una grande dinastia di maghi. Ma, a differenza del padre e del nonno, il suo successo sembra destinato a tramontare proprio quando è all’apice, perché Jasper si ritrova al culmine della sua carriera quando esplode la Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1940, all’età di 38 anni, Jasper Maskelyne si arruola come volontario nell’esercito britannico. È già troppo avanti con gli anni per imbracciare un fucile e partire per il fronte, ma lui non ha intenzione di fare la guerra da soldato.
Appena arruolato, Jasper chiede di far parte dell’intelligence militare, dichiarando di voler mettere a disposizione la propria arte in strategie di guerra.
Gli ufficiali ridono. Davanti a loro c’è un mago che vorrebbe usare trucchi da palcoscenico in operazioni militari, trasformando in armi alcuni espedienti da intrattenimento come l’inganno e il camuffamento. Naturalmente, nessuno dell’esercito sembra disposto a dargli retta.

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2. La svolta

Un giorno di quello stesso anno, una nave da guerra tedesca appare sul Tamigi, nientemeno che in piena Londra. L’allarme e il terrore corrono in pochi minuti, fino a raggiungere gli alti ufficiali dell’esercito.
Ma no: quella che corre sul fiume non è una nave vera. È un’incredibile illusione creata da Jasper Maskelyne con un gioco di luci e specchi, grazie a un modellino di cartapesta.

Di lì a poco, Maskelyne entra nell’intelligence militare per direttissima. Viene preso al Camouflage Development and Training Centre, a Farnham Castle,  e l’anno dopo (il 1941) viene reclutato nell’MI9 da Dudley Wrangel Clarke (Johannesburg, 27 aprile 1899 – Londra, 7 maggio 1974), l’ufficiale britannico che passerà alla storia come pioniere delle operazioni di inganno militare.

Il primo incarico di Maskelyne è al Cairo.
Qui tiene alcune lezioni ai soldati sulle tecniche di fuga e crea piccoli dispositivi utili per fuggire in caso di cattura, come lame nascoste all’interno di pettini o mappe disegnate in modo criptico su oggetti di uso personale.
Poi, nel novembre del 1941, entra nella cosiddetta unità di camuffamento a Helwan, vicino al Cairo, e viene messo a capo della Sezione Sperimentale.
In realtà, Maskelyne si ritrova al comando del manipolo di soldati più inefficiente dell’esercito inglese: un gruppo di artisti come attori, musicisti e pittori, incapaci di sparare, ma molto utili per la realizzazione delle idee di un illusionista.
È con loro che Jasper riesce a realizzare i suoi veri capolavori, in crescendo, fino a determinare le sorti stesse della guerra.

Il gruppo di artisti guidato da Maskelyne costruisce anzitutto delle strutture con materiali di fortuna accanto al porto di Alessandria. Le strutture posticce replicano il porto stesso con giochi di luce e specchi, mentre le luci del vero porto vengono spente.
L’illusione è perfetta per gli aerei tedeschi e così, per ben nove giorni, l’aviazione nazista bombarda il nulla, mentre il vero porto di Alessandria è in salvo, un paio di chilometri a est.
Dopodiché, con analoghe illusioni ottiche, Maskelyne fa sparire il Canale di Suez, e acceca ripetutamente l’aviazione tedesca con dei riflettori.

E ancora: nel 1942 Maskelyne crea una divisione corazzata di cartone, con manichini, carri armati fasulli, rumori e voci umane simulati.
La divisione fantoccio viene portata in prima linea, dove subisce l’attacco nazista, mentre la vera divisione corazzata avanza lateralmente, mascherata da convoglio di trasporto, con un trucco meccanico capace anche di cancellare le tracce dei cingoli e sostituirle con quelle che lascerebbero le ruote dei camion.
E così viene vinta la battaglia di El Alamein: la vittoria degli inglesi su Rommel che sancisce le sorti della guerra, consentendo agli Alleati di prendere il controllo del Mediterraneo.

Ma il vero capolavoro di Maskelyne arriva nel 1944, quando organizza un’operazione imponente, unendo carri armati e aerei gonfiabili a una vera e propria illusione da mentalista, con trasmissioni radio ingannevoli, false notizie sui quotidiani e la creazione di appositi fascicoli top secret da far intercettare ai nemici.
È un unico grande trucco, ben architettato e portato a termine, che crea per l’intelligence tedesca l’illusione di un imponente e imminente sbarco degli Alleati in Norvegia.

I nazisti mobilitano 400.000 soldati nella penisola scandinava, ben lontano da dove avverrà il vero sbarco, ovvero quello che ancora ricordiamo come una delle più grandi operazioni militari della storia, nome in codice: Operazione Neptune (parte marittima della più ampia Operazione Overlord), ovvero lo sbarco in Normandia.

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3. Il prestigio

Quando la guerra finisce, Maskelyne torna a casa senza onorificenze.
I grandi meriti delle sue imprese li prenderanno Clarke (passato alla storia – come dicevamo – proprio per le operazioni di camuffamento) e lo stesso Churchill, al quale molti libri di storia attribuiscono ancora oggi l’idea del diversivo che agevolò lo sbarco in Normandia.
Di Jasper Maskelyne, invece, non si dice quasi niente. Il racconto delle sue imprese toccherà ad alcuni storici e a lui stesso, con il libro Magic: top secret, pubblicato nel 1949.

Ma il maggiore smacco alla sua memoria arriverà soltanto postumo, con gli studi recenti dello storico Richard Stokes, secondo il quale gran parte della storia raccontata da Jasper Maskelyne sarebbe pura illusione: un’invenzione creata da lui stesso, con la quale avrebbe ingannato per anni gli storici.
Stokes sostiene che Maskelyne avrebbe in realtà avuto un ruolo marginale nell’evoluzione degli eventi bellici e la sua funzione sarebbe stata soltanto quella di intrattenitore delle truppe stanziate nel Nord-Africa.

Di contro, altri storici negano la validità degli studi di Stokes e chiedono di aspettare il 2021, anno in cui gli archivi segreti dell’esercito britannico saranno aperti, rivelando la verità su chi abbia davvero ideato e realizzato ogni operazione durante la guerra.

Quello che sappiamo per certo è che Jasper Maskelyne morì triste e dimenticato nel 1973.
Alla morte aveva gravi problemi di alcool e viveva a fatica grazie ai guadagni di una scuola guida che lui stesso aveva aperto in Kenya.

Forse era riuscito davvero a far sparire il porto di Alessandria e a ingannare i nazisti in una delle battaglie più decisive della storia, ma anche se così non fosse credo che dovremmo ringraziarlo per averci comunque mostrato – con l’illusione del racconto – un altro possibile punto di vista sul passato, riuscendo a ingannare anche storici e biografi.

Del resto, non c’è molta differenza tra uno scrittore e un illusionista.
Ogni narratore è simile a un mago, nel modo in cui sceglie di rivelare le informazioni, nelle decisioni che riguardano cosa dire al pubblico, nella scelta del punto di vista da imporre alla platea.
Per usare le parole di Christopher Nolan, il regista del film The Prestige che ho citato all’inizio, quando raccontiamo una storia «usiamo tecniche per ingannare il pubblico, per trascinarlo in vari vicoli ciechi e false piste e portarlo infine, speriamo, a una conclusione soddisfacente».

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